lunedì 24 gennaio 2011

ART> PETER LINDBERGH

Peter LINDBERGH
Kate Moss - Harper’s Bazaar US
Long Island, New York, USA, 1994
Epreuve gélatino-argentique sur papier baryté
60 x 50 cm et 90 x 60 cm / 25 exemplaires deux formats confondus / prix: nous contacter
180 x 120 cm / 3 exemplaires / prix: 
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ART>ALI+KLEIN


Polka #11
19 Novembre 2010-19 Février 2011

MORE> STONE


Robert De Niro and Ed Norton on screen together. Again. The last time these two heavy weights had a cinematic alpha-off together was in 2001 with Marlon Brando (his last performance) in The Score. So if you aren’t already convinced that Stone, their new movie opening tomorrow, is worth rushing to the theater to see, then you should probably brush up on their films. The ferocious face-off between the two stellar actors carrying the film is enough to make you block off your weekend for a marathon of similarly matched talents from the annals of movie history:  De Niro and Pacino in Heat, Pitt and Norton in Fight Club, and Tim Robbins and Morgan Freeman in Shawshank Redemption come to mind. In Stone, a convicted arsonist (Norton) imprisoned for covering up the murder of his grandparents with a fire attempts to manipulate his parole officer (De Niro) into a plan to secure his parole by setting up his wife (Jovovich) to seduce the officer. The film is dark, cynical, and seriously intense but brilliantly crafted and hard to shake off. Director John Curran (The Painted Veil, We Don’t Live Here Anymore, and the soon to be released The Beautiful and the Damned starring Keira Knightley) said his favorite scene in the film was “watching Bob finally tee off against Norton in his office. His character is really reductive and restrained so when he finally lets loose and unleashes his anger it is absolutely incredible.” Curran adds, “It’s also really amazing to watch Bob’s process firsthand because it involves so much improvisation—he is a hero of mine.”

ART>PATRICK CORRADO "WORKS2010"






N°01 ANGEL_Varnish, graphite and collage on canvas_60x60cm
N°02 CARE_Varnish, graphite and collage on canvas_50x50cm
N°03 Mirror_Varnish, graphite and collage on canvas_50x50cm
N°04 Taking-walks_Varnish, graphite and collage on canvas_50x50cm
N°05 Tokio_Varnish, graphite and collage on canvas_60x60cm

domenica 9 gennaio 2011

MORE> BUFFALO 66'


Lo split-screen come la memoria che gocciola inesorabile su di noi; un fermo-immagine imprevisto e fulminante più di un momento d’azione; un montaggio ad orologeria che fa quasi sembrare la vestizione/preparazione in una sala da bowling una scena di sesso. Sono solo alcune istantanee di Buffalo 66, tuttavia sarebbe impresa ardua descrivere a parole un tale film, che sta dentro - ma soprattutto sta come - il suo protagonista, che si sente come lui. Il linguaggio di questa anomala, anormale tragicommedia si traduce in un gioco di scardinamento prospettico delle inquadrature, e di uno straniamento quasi (e comunque volutamente) sgradevole. Trattasi infatti di un’opera prima estremamente libera, destabilizzante, composta da riprese sfacciatamente schizzate e paranoiche, e da uno stile sbilenco ma già maturo nel manipolare e imbrattare di verità la materia in questione: dopotutto, soltanto uno come Vincent Gallo avrebbe potuto incentrare i primi 15 minuti di un film su un personaggio che cerca disperatamente un bagno. Billy Brown è appena uscito di prigione, è incasinato e nervoso anche se proprio non ci pare un ex galeotto; per proseguire una farsa messa in atto verso i suoi genitori prende ‘in ostaggio’ una ragazzina, senza però sapere davvero come comportarsi né con lei né con loro – una madre tragicamente ridicola e ridicolmente tragica, che guarda in loop la registrazione della partita di football che è stata la rovina di Billy 5 anni prima, e un padre un tempo cantante (ora ripiega sul playback) meschino e grottesco -, né tantomeno con una tormentata vendetta in cui il suo unico complice è un ragazzo ritardato che lui chiama tonto ma anche miglior amico. Su una trama che poteva degenerare in un dramma cupo e disperato, il regista/attore/sceneggiatore/musicista/prestigiatore (che spingerà all’estremo questa tecnica nel recente Promises written in water) disegna su di sé e sull’ambiente circostante il vissuto di un personaggio sconnesso, il cui animo e soprattutto stato d’animo barcollante, instabile, percorso da scatti di rabbia, frustrazione e attimi di tenera follia, s’imprimono nei movimenti di macchina da presa: li attira su se stessa, quasi li culla. E diventano per l’appunto inquadrature e riprese sbagliate, ma del tutto congruenti alle sensazioni, come fossero la traduzione in immagini dell’elettroencefalogramma di Billy, la sintassi interiore e vi(si)va delle sue emozioni. Gallo coglie così con forte autenticità uno stato d’animo, un raggrumo di suggestioni stonate per un’esperienza quasi sensoriale: puoi quasi toccare l’attesa angosciata della visita familiare, respirare la vergogna implosiva, assaggiare l’attrazione timida verso Layla, vedere un’ improvvisa presa di coscienza. Intrappolato in un paesaggio squallido e congelato, in un’immagine di sé vincente che lo incatena e lo falsifica, Billy vive tutto come se fosse ancora dietro le sbarre, in una prigione scoscesa, un luogo in cui s’inerpica continuamente, annaspa, s’infuria, suda, strepita e piange, insomma si dibatte per sopravvivere. Il mattatore Gallo vi si insinua, lo assorbe, ci scivola dentro, ed è in questo magma di pulsioni spalleggiato da una partner perfetta come Christina Ricci (la quale fa brillare di luce propria una fanciulla eterea e pienotta, agghindata come una Barbie dal cattivo gusto, alla cui solitudine soltanto si allude), e dagli altri comprimari (tutti superlativi: sia l’accoppiata Gazzara/Huston sia lo spassoso cammeo di Mickey Rourke). Figurine strambe ciascuna ugualmente inchiodata(si) alle proprie ossessioni, hanno rapidi lampi di emarginata e trasognata surrealtà (il ballo al bowling, la canzone del padre), ma che rimangono comunque inquadrati in desolanti siparietti da cabaret. Così, partendo da un tale campionario di umanità, si costruiscono davanti ai nostri occhi momenti sospesi e visioni stridenti sull’orlo della genialità, a partire da una love story che si snoda all’incontrario (partendo dall’incontro con la famiglia di lui, passando per il primo litigio e relative gelosie fino al primo bacio). Ci sono poi: una scena a casa dei genitori che nelle sue soggettive sbilanciate è assolutamente storta e irreale per quanto fa male; una ripresa dall’alto nel motel come se si stesse analizzando scientificamente, tramite vari flash, la scoperta degli affetti – e di come li si tratta – da parte di Billy; il suo angelo assurdo e un po’ in sovrappeso che danza sulle note di Moonchild dei King Crimson. E soprattutto c’è il finale, ultimo sberleffo inatteso che cogliamo con piacere; uno schiaffo che diventa una carezza talmente inaspettata da essere al tempo stesso quasi onirica, impossibilmente dolce, proprio come l’unico frammento che chiude il film e che non ha bisogno di tante parole, alla maniera di tutto ciò che ha preceduto questo viaggio strabico e (iper)realistico nella vita di Billy Brown (26/12/1966, Buffalo).


BOOKS> AMERICAN PSYCHO


Patrick Bateman è giovane, bello, ricco. Vive a Manhattan, lavora a Wall Street, e con i colleghi Timothy Price, David Van Patten e Craig McDermott frequenta i locali piú alla moda, le palestre piú esclusive e le toilette dove gira la miglior cocaina della città, discutendo di nuovi ristoranti, cameriere corpoduro ed eleganza maschile. Secondo Evelyn Richards, la sua giovane, bella e ricca fidanzata, Patrick Bateman è «il ragazzo della porta accanto». Ma la vita del protagonista di American Psycho è scandita da altre ossessioni. Riuscire a prenotare un tavolo al Dorsia, il carissimo ristorante frequentato dal suo idolo Donald Trump, ad esempio. Saperne di piú sul misterioso portafoglio Fisher, gestito da quella volpe di Paul Owen. Restituire le videocassette prese a nolo, tra cui quella di Omicidio a luci rosse, affittata trentasette volte di seguito. E non perdere neppure una puntata del Patty Winters Show. Inoltre, quando le tenebre scendono su New York, Patrick Bateman, il ragazzo della porta accanto, si trasforma in un torturatore omicida, freddo, metodico, spietato. Al punto da incarnare l'orrore. Con American Psycho, romanzo insieme terribile e comico, Bret Easton Ellis ha scritto il libro che meglio di ogni altro racconta gli anni Ottanta. Un decennio che, ora lo sappiamo, non è stato semplicemente una parentesi, ma l'inizio di qualcosa. Cosí, questo viaggio senza ritorno nella follia e nella spersonalizzazione a base di immagini patinate e ultraviolenza non ci parla solo di un «eroe» e del suo tempo, ma finisce per rappresentare noi stessi e i nostri giorni. E anche quelli che verranno.


www.einaudi.it

MUSIC> CHET BAKER


Chet Baker was born Chesney Henry Baker Jr. on December 23, 1929 in Yale, Oklahoma. His father, Chesney Sr. was a guitarist who played in local country and western bands. When Chet was 10, the family moved to Southern California. Chesney Sr., encouraging his son to pursue music, bought Chet a trombone. The 12 year old found it difficult to handle, so he eventually switched to trumpet. He played trumpet through junior high school, and on through college......



BOOKS> MARK ROTHKO



Mark Rothko Scritti a cura di Alessandra Salvini, con uno scritto di Michel Butor
Editore abscondita

BOOKS> AGOTA KRISTOF



«Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo. Siamo in un paese dell'Est, ma né l'Ungheria né alcun luogo preciso vengono mai nominati.
Un inizio folgorante che ci immette di colpo nel tempo atroce dell'ultima guerra raccontandolo come una metafora. La nonna è una "vecchia strega" sporca, avara e senza cuore e i due gemelli, indivisibili e intercambiabili quasi avessero un'anima sola, sono due piccoli maghi dalla prodigiosa intelligenza. Intorno a loro ruotano personaggi disegnati con pochi tratti scarni su uno sfondo di fame e di morte. Favola nera dove tutto è reso veloce ed essenziale da una scrittura limpida e asciutta che non lascia spazio alle divagazioni.
Un avvenimento tira l'altro come se una mano misteriosa e ricca di sensualità li cavasse fuori dal cilindro di un prestigiatore crudele».



Agota Kristof, nata in Ungheria, ha abbandonato il suo Paese nel 1956 e vive oggi a Neuchâtel, in Svizzera. Scrive in francese. Da Einaudi ha pubblicato Ieri (I Coralli, 1996; L'Arcipelago Einaudi, 2002) e Trilogia della città di K. (Supercoralli, 1998 e Super ET, 2005), composta da due romanzi già editi in Italia (II grande quaderno, con il titolo Quello che resta, Guanda 1988 e La prova, Guanda 1989) e da La terza menzogna, che appare per la prima volta in Italia in questa edizione. Nel 2005 è uscito per Einaudi La vendetta (nuova edizione ET Scrittori, 2009).
www.einaudi.it

ART> JUERGEN TELLER


Juergen Teller was born in Erlangen, Germany in 1964. He studied at the Bayerische Staatslehranstalt fur Photographie in Munich, Germany before moving to London in 1986.



His work in influential international publications such as W Magazine, I-D and Purple  nurtured his own photographic sensibility which is marked by his refusal to separate the commercial fashion pictures and his most autobiographical un-commissioned work.  Teller has exhibited at Le Consortium in Dijon, The Tate Modern in London, The Museum of Modern Art in New York, The Photographers Gallery in London, the Kunsthalle Wein,  and the Fondation Cartier Pour l'art Contemporain in Paris among others.  In 2003 Teller was awarded the Citibank Prize and in 2007 was asked to represent the Ukraine as one of five artists in the 52nd Venice Biennale.


Juergen Teller has been working with Marc Jacobs on his advertising campaigns for the past 11 years, the work has been collated into 'Marc Jacobs Advertising 1998 – 2009' published by Steidl.  Juergen has also had long collaborations with other designers and fashion houses over the years including Helmut Lang, Yves Saint Laurent and Vivienne Westwood.






www.juergenteller.com

www.lehmannmaupin.com

ART> PIZZI CANNELLA



Piero Pizzi Cannella nasce nel 1955 a Rocca di Papa.
Comincia a dipingere da piccolissimo. Dal 1974 al 1977 frequenta il corso di pittura di Alberto Ziveri all'Accademia di Belle Arti di Roma e contemporaneamente si iscrive al corso di Filosofia alla Sapienza.
La memoria è, da più di trent'anni, il filo rosso del personalissimo percorso creativo di Pizzi Cannella, espresso attraverso un linguaggio raffinato ed enigmatico di segni criptici, di tracce simboliche ricorrenti dal significato quasi esoterico, come il gioiello, il fiore secco, la sedia, il ventaglio, la lucertola, dove si condensano metaforicamente la vita e l'essenza di un passato dimenticato, le nostalgie, i sogni e le memorie collettive di un presente contingente e di un progetto futuro. Dalla performance nel bosco di Rocca di Papa (1975) alle opere ispirate allanarrative art (1977), dalle installazioni concettuali (1977-78) al “Ritorno alla Pittura” (1980). Dalla poesia, dalla filosofia al percorso di ricerca attuale, in questo sito si snoda la ricognizione storico-critica dell'opera di Pizzi Cannella, uno degli artisti tra i più emblematici e originali di una generazione che, al di là delle scuole, critici e mercato, è artefice di una visione rinnovata della pittura dagli anni '80 ad oggi

Ha la sua prima personale nel 1977, presso la Galleria La Stanza di Roma.

Stabilisce il suo studio nell’ex pastificio Cerere, nel quartiere di San Lorenzo, dando vita, insieme a B.Ceccobelli, G.Dessì, G.Gallo, Nunzio e M.Tirelli, alla Scuola di San Lorenzo: apre lo studio al pubblico in occasione della mostra “Ateliers”, curata nel 1984 da A. Bonito Oliva nell’ex pastificio Cerere. Nello stesso anno espone alla Galleria L’Attico di Sargentini nella mostra “Interni e Figure”, la sua prima personale di olii su tela, a cui seguono le personali alla Galleria Annina Nosei di New York, a Berlino alla Galerie Folker Skulima nel 1985 e a Basilea alla Galerie Triebold nel 1986.
Prende parte a esposizioni collettive: La Biennale di Parigi (1985), di Venezia (1988, 1993), di Istanbul (1989), La Quadriennale di Roma (1987), “Post-astrazione” alla Rotonda della Besana di Milano (1987), “Roma in mostra 1970-79” presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma (1995), “Arte italiana. Ultimi quarant’anni. Pittura iconica” presso la GAM di Bologna (1997), “Orientamenti dell’Arte italiana/Roma 1947-87” a Mosca e, in seguito, a Leningrado. Partecipa alla prima Biennale di Pechino nel 2003.
Tiene, inoltre, negli anni diverse mostre personali in Italia e all’estero: presso la Galleria Annina Nosei di New York, con la quale lavorerà tra il 1985-86 e nel 1992; “Porte d’Oriente”, mostra itinerante in sedi museali dell’ex Jugoslavia (1989), seguono le personali alla Galerie Folker Skulima di Berlino (1989), “Diari di guerra” al Museo Civico di Gibellina (1991), nello Studio d’Arte Cannaviello di Milano (1990, 1991, 1996), alla Galleria L’Attico di Roma nel 1991 e nel 1996 a Parigi nella Galerie Vidal-Saint Phalle e nella Galerie Di Meo, con le mostre “Pizzi Cannella” nel complesso museale di Santa Maria della Scala a Siena (1997), “Carte 1980-2001” al Museo Archeologico di Aosta (2001), “Polittici” al Castello Colonna–Centro Internazionale d’Arte Contemporanea di Genazzano (2003), alla Galleria Lo Scudo di Verona tra il 2003 e il 2004, alla OTTO Gallery di Bologna con la quale collaborerà nel 1998 e nel 2004, “Le Mappe del Mondo” allestita al Teatro India a Roma (2004), “Cattedrale” al Macro di Roma (2006-07).
Dal 16 maggio al 27 settembre 2009 il Mart di Rovereto ha celebrato, con un’ampia antologia di opere, il lavoro di P.Pizzi Cannella e degli altri componenti della “Scuola di San Lorenzo”. P.Pizzi Cannella, B.Ceccobelli, G.Dessi, G.Gallo, Nunzio e M.Tirelli sono i protagonisti di questo evento che, attraverso un’accurata selezione di opere, ripercorrere i momenti più significativi della creazione dei singoli artisti dai primi anni ’80 a oggi.
Molte delle opere di Pizzi Cannella sono esposte permanentemente in importanti collezioni pubbliche, ricordiamo quelle al Palazzo Reale di Milano, alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, al Museo Mumok di Vienna e al Museo d’Arte Contemporanea di Pechino, nella chiesa sconsacrata di San Giorgio in Poggiole (Bologna) e al MACRO di Roma.



Pizzi Cannella "monografia"

Testi di: Mario Codognato, Cesare Biasini Selvaggi, Achille Bonito Oliva,  Rossella Fumasoni, Démosthènes Davvettas, Bruno Corà, Franco Rella, Antonio Tabucchi, Stephen Bann, Roberto Gramiccia

Settembre 2006, Editore: XXIsiècle éditions


www.archiviopizzicannella.it

sabato 8 gennaio 2011

MORE> SOMEWHERE

Johnny vive a Hollywood nel leggendario hotel Chateau Marmont. Se ne va in giro sulla sua Ferrari e casa sua è un flusso continuo di ragazze e pasticche. Totalmente a proprio agio in questa situazione di torpore, Johnny vive senza preoccupazioni. Fino a quando giunge inaspettatamente allo Chateau la figlia undicenne, Cleo, nata dal suo matrimonio fallito. Il loro incontro spinge Johnny a riflessioni esistenziali, sulla sua posizione nel mondo e ad affrontare la questione che tutti dobbiamo affrontare: quale percorso scegliere nella nostra vita?


Figlia di Eleanor e Francis Ford Coppola, Sofia Coppola è nata a Manhattan il 12 maggio 1971, mentre suo padre stava realizzando Il padrino (1972). Giunto il momento di girare la scena del battesimo, Francis Coppola non ha dovuto cercare lontano per trovare un neonato, e Sofia ha inconsapevolmente ottenuto la sua prima parte in un film. Coppola è riuscito a trovare un piccolo ruolo per la sua unica figlia femmina anche nel sequel Il padrino ' parte seconda (1974), prima di portare la bambina sul set di Apocalypse Now (1979), tra tifoni, attacchi cardiaci, problemi personali e finanziari, come si può vedere nel documentario Viaggio all'inferno (1991), in cui Fax Bahr e George Hickenlooper hanno utilizzato le riprese realizzate dalla madre di Sofia. Negli stessi anni gli altri genitori filmavano i figli in spiaggia con la cinepresa super 8. All'inizio degli anni ottanta Sofia Coppola appare nei film del padre con lo pseudonimo di Domino, e nel 1989 collabora alla sceneggiatura dell'episodio di New York Stories, La vita senza Zoe. Un anno dopo, Francis Coppola dirige Il padrino ' parte terza (1990), e all'ultimo momento Sofia sostituisce Winona Ryder nel ruolo centrale di Mary Corleone. L'interpretazione di Sofia Coppola è giudicata 'spaventosamente dilettantesca' e 'involontariamente comica', e nel marzo del 1991 i Razzie Awards le attribuiscono i poco ambiti titoli di Peggiore attrice non protagonista e Peggiore nuova star. Dunque Sofia è costretta fare un passo indietro, e comincia a frequentare il California Institute of the Arts, dove studia fotografia e video. Dopo il diploma, Sofia Coppola lavora per una TV via cavo, e collabora col fratello ad alcuni video musicali. Poi legge il romanzo di Jeffrey Eugenides The Virgin Suicides, inizia a lavorare ad un adattamento cinematografico del libro, e dopo essersi assicurata la partecipazione di attori quali James Woods, Kathleen Turner, Kirsten Dunst e Danny DeVito, comincia a girare il film a Toronto, in Canada. Presentato in anteprima alla 'quinzaine' di Cannes del 1999, Il giardino delle vergini suicide è stato accolto con entusiasmo, e la Paramount Classics ha iniziato a distribuirlo in USA nel maggio del 2000. Nell'estate del 1999, Sofia Coppola ha sposato il regista Spike Jonze, che aveva conosciuto parecchi anni prima, sul set di un video del gruppo Sonic Youth, e che l'aveva diretta in Electrobank, dei Chemical Brothers dal quale si è separata recentemente. Il suo secondo lungometraggio Lost in translation con Bill Murray e Scarlett Johansson l'ha portata ad essere la prima regista americana candidata all'Oscar. La Coppola si aggiudicata la statuetta per la migliore sceneggiatura originale. Il successo le ha garantito i finanziamenti per girare un film tanto ambizioso, quanto poi poco apprezzato dal pubblico: Marie Antoinette, una versione pop della vita della regina di origini austriache alla corte di Versailles. Dopo un nuovo matrimonio, con il compositore francese Thomas Mars, e una figlia, Romy nata nel novembre del 2006, la Coppola è tornata a girare nel 2009. Somewhere segna il ritorno ai temi intimisti che l'hanno lanciata con i suoi primi due film: sullo sfondo del celebre Chateau Marmont, hotel di Hollywood frequentato da divi e paparazzi, si narrerà i conflitti tra un attore maledetto e la figlia undicenne.

ART> WOLFGANG TILLMANS

Wolfgang Tillmans 
Everlast II
2009



tillmans.co.uk

ART> JOSEPH BEUYS


Joseph Beuys, Filzplastik-Bronzeplastik, 1964, 
Deutsche Bank Collection, © VG Bild-Kunst, Bonn 2006
For Joseph Beuys, drawing was the "extension of a thought". The paper work representing him in the exhibition "Dialog Skulptur" is titled Felt Sculpture/Bronze Sculpture. A sketch of a concert piano emerges from a tangle of broad, nervous brushstrokes – similar to the instrument the artist was to cover in felt two years later. His "thought sketch" had transformed into a three-dimensional sculpture. 

BOOKS> POINTS OF VIEW

Points of View, Masterpieces of Photography and their Stories

by Annette and Rudolf Kicken and Simone Förster
Steidl & Partners
The triumphal march of photography has proceeded unhindered since the early 1970s. No other artistic medium has risen in the public’s esteem in quite the same way. The story of its success cannot be separated from the people who have worked toward achieving recognition of photography in the art world. They include the artists themselves, alongside curators, collectors, gallery owners, dealers, publicists and art lovers. With their expertise and personal passion, they have made photography a permanent fixture in the world of art. The Kicken Gallery is marking the occasion of its 30th anniversary by bringing together these people and protagonists supporters in an extraordinary compendium. More than 100 masterpieces from the history of photography, which the gallery have placed in private collections or museums, are presented with comments by more than 100 authors who have shaped the development of photography and its reception over the past 30 years. Covering outstanding works from Richard Avedon to Yva, from Eugène Atget to Umbo and from Bernd and Hilla Becher to Edward Weston, they tell us ‘their’ histories of photography.
Brief profiles of photographers, authors and collections provide a look at the development of photography and a peek behind the scenes of the art business and make this volume an exclusive and attractive reference work on the history of the medium.

MORE> PETIT NICE


Non si può essere più innamorati di Marsiglia della famiglia Passédat. Amare Marsiglia, vuol dire amare il Mediterraneo, indissociabile dalla città, quanto lo è la cucina di Gérald Passédat. Il pesce è ovviamente al centro della sua cucina, pesce pescato localmente, pesce meno conosciuto - il pesce gallinella, il pesce cappone - che si alterna con i crostacei e che vi dà quella deliziosa sensazione di immergervi nell’immenso blu del mare. Piatto simbolo certamente, la Bouille Abaisse, leggera, saporita, delicata, ma anche la famosa Spigola Lucie. Lasciate un po’ di spazio per i dessert, essi sono, infatti, a detta dello stesso chef, «stravaganti». Quanto alla vista sul mare, è sempre onnipresente: dalla terrazza, come dal ristorante. E poiché è una vista da sogno, potrete anche goderne fin dentro la vostra camera, spaziosa, aperta sull’orizzonte…




MUSIC> FISCHERSPOONER


Welcome To The Other Side! Introducing the next generation of city guides. The Other Side CD/DVD series uncovers the hidden gems of the world's great cities and puts them at your fingertips...and your earlobes. Utilizing the cutting edge DualDisc format, each edition of The Other Side features both a CD album compiled and mixed by a native audio pioneer, and a DVD hosted by the artist featuring an array of clips from each city's underground hot spots, including restaurants, bars, shops and clubs. The first 3 editions of The Other Side are Fischerspooner's New York, Damian Lazarus' London and Black Strobe's Paris.

ART> PATRICK CORRADO


THE SHOW MUST GO ON_2010© Tecnica mista su tela 90X110 CM